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Sedia
per visite brevissime
Autore: Bruno Munari [1907/1998]
Anno: 1945
Produzione: Zanotta Spa
Misure: cm 110 x 35 x 20
Lironia dolce di Munari, qui, è davvero sublime. La foto,
inquadrando la sedia in posizione assonometrica, sembra normalizzare lanomalia
delloggetto, il fatto cioè che questa sedia ha la seduta
inclinata.
Il titolo, dal sapore magrittiano, non nasconde lintenzione nei
riguardi dellospite, che dovrà prima o poi alzarsi e salutare
(andarsene), perché, prevedibilmente, è stato scomodo. Ma,
conoscendo la mitezza di Munari, sarei tentato di affermare che lintenzione
nei riguardi dellospite è giocosa, uno scherzo che vorremmo
anche subire: scoprendo comè costruita questa sedia ci verrà
voglia di sederci e di aspettare il momento in cui cominceremo a scivolare
(cosa che non avverrà mai, perché resteremo appoggiati).
Mitezza non è debolezza. E allora, ogni tanto (o spesso) una sedia
di questo tipo vien voglia di metterla in certi posti, per certa gente,
alla quale dire, garbatamente (munariamente), di levarsi quanto prima
di torno.
Un oggetto inutilizzabile (o da utilizzare in modo diverso
dalla sua funzione dorigine) rimanda agli objects di Man
Ray e ad altri autori classificati dadaisti. Loriginalità
di Munari, che ha partecipato al Futurismo, è sempre stata un qualcosa
che lo ha comunque posto fuori dalle correnti, dalle etichette, dagli
ismi di categoria. Pittore, designer, grafico, inventore di libri per
bambini, Munari è stato giustamente definito (se proprio vogliamo
utilizzare etichette) leonardesco, per la molteplicità
dei suoi interessi (tutti messi in pratica), per la sua genialità
(da inventore artigiano), per la perfetta connessione - in ogni suo lavoro
- tra immaginazione e tecnica. Una persona straordinaria.
Questa Sedia per visite brevissime non è soltanto un
divertimento; è anche un oggetto darredo (design) di raffinato
stile. Ha un rigore estremo, una linearità semplificata al massimo.
Ha una razionalità che oltrepassa la funzione stessa delloggetto
(come devessere una sedia? Quattro gambe, uno schienale e una seduta)
perché della sedia questa sedia è la sintesi
(il suo segno grafico, come per un manifesto pubblicitario o per la copertina
di un libro).
Munari non utilizza le decorazioni ad intaglio al solo fine estetico,
per dare calore/colore; applica, in più, il movimento, una sorta
di cinetismo che fa scorrere il nostro sguardo, lo muove su tutte le parti
che compongono loggetto; ecco perché le decorazioni sulla
struttura sono asimmetriche e di diverse lunghezze.
Munari, con la sedia, ci invita alla discrezione nei confronti degli altri,
a non stare più di tanto. Le brevi visite sono anche silenziose
(probabile).
Non è difficile rintracciare elementi della cultura giapponese,
che Munari assorbì senza esotismi, ma ricavandone quelle essenze
dell'intelletto capaci di dare equilibrio ai contrari (regola e caso,
luce e buio, caldo e freddo, maschile e femminile, vita e morte).
Munari trovò nel proprio nome il MU (il vuoto, il nulla) e il NARI
(fare/divenire). Da interpretare come il fare/divenire dal nulla (in giapponese
moderno).
Munari ha tradotto la cultura giapponese in educazione alla visione, e
ci ha insegnato che la perfezione è bella ma stupida, che bisogna
conoscerla ma romperla, che la regola non deve uccidere la fantasia.
Basta osservare la Sedia per visite brevissime e tutto è
spiegato. Con profonda semplicità, come solo Munari sapeva insegnarci.
Infine, questa sedia suggerisce la trasformazione di altre sedie, meno
ironiche e giocose, tipo scranni governativi e regali cadreghe, sulle
quali scivolare sarebbe poca cosa. Un bel volo in terra
perché
il re non solo è nudo ma avrà pure le chiappe rotte.
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