Povero
Cristo (sì, il Gesù di Nazareth), di nuovo obbligato ad essere
appeso ad una parete nelle scuole italiane, di Stato e non. Torna una polemica
che sembrava ormai diluita nei comportamenti tolleranti; chi toglieva il
crocifisso in aula non era demoniaco, chi lo lasciava non era bigotto. Adesso,
la ministra dell'Istruzione (istruzione che non è più pubblica
come nella vecchia dicitura e non lo è più anche nelle intenzioni
dicasteriali) riporta alla luce un mummificato decreto regio del 1928 (c'era
il fascismo, e quindi cos'è, un revival?) e lo impone. Certo, il
simbolo eccellente della cristianità è ben presente e vivo
nella nostra cultura, o tradizione. Anche la cultura romana era radicata
a tal punto da far diventare un popolo figlio della lupa (per decreto regio
e manganello). Oggi, che ci sono 60 milioni di italiani all'estero, e che
qualche centinaia di migliaia di immigrati sono da noi, parlare di una sola
cultura è pensiero totalitaristico. Non voglio discutere del simbolo della croce, che nei suoi luoghi deputati si esprime come vuole, luoghi nei quali io entro con l'aria del turista estasiato. Ci sono, per certi simboli, i luoghi dedicati. E, a mio avviso, la scuola (che è di tutti) non è un luogo adatto per alcuna religione. Alle pareti di un'aula stanno bene cartine geografiche e botaniche, il calendario, cartelloni di lavori di ricerca. Sobrietà? No, luogo deputato. La ministra dell'Istruzione dice che è "doveroso che il crocifisso torni nelle aule scolastiche, a testimonianza della radice cristiana del nostro paese e di tutta l'Europa". Non eravamo anche figli dell'Illuminismo? Mi sento sradicato. Aggiungete il mio nome alla lista degli extracomunitari, prendetemi le impronte; sto tranquillo (?): ho il permesso di soggiorno dalla nascita. Quelli che una volta l'anno si cerimoniano con l'acqua del Po (un rito da pagani-pecorecci), il crocifisso lo vorrebbero obbligatorio dappertutto: scuole, uffici, carceri, ospedali, e pure al Senato e alla Camera. Dicono che: "Il crocifisso, emblema di valore universale della civiltà e della cultura cristiana, è riconosciuto quale elemento essenziale e costitutivo e perciò irrinunciabile del patrimonio storico e civico-culturale dell'Italia, indipendentemente da una specifica confessione religiosa". Erano quelli che, non molto tempo fa, scambiarono la bandiera italiana per uno straccio da gettare nel cesso. Ah, già, poi ebbero illuminazioni, pentimenti e incarichi ministeriali. E a proposito del patrimonio storico, civico e culturale dell'Italia vedo anche una schiera di divinità dell'Olimpo. Il lampo di Zeus non lo vogliamo appendere almeno in un'aula magna? Portare la catenina con il crocifisso pare sia tornato di moda. Crocifissi enormi, pesanti nel carato, sobbalzanti ad ogni respiro di donna con il seno rigonfio mostrato come un miracolo (della chirurgia estetica). Ora, siccome questa è rubrica d'appunti sull'arte, un nesso deve esserci con Gesù Cristo inchiodato alla croce. Forse è tempo di scegliere un Gesù Cristo deposto dal suo legno di tortura e di morte, così come lo ritroviamo in infinite, sublimi pitture e sculture. La deposizione è simbolo forte, che precede la resurrezione, la nuova vita. Non è però riassumibile in una icona (marchio?), come lo è la croce, che resta il simbolo più comunicativo della cristianità. Tra le tante bellissime Deposizioni, la scelta va alla Deposizione del Caravaggio. E' un'opera davvero splendida (il grande Michelangelo Merisi splende anche per i suoi neri, per i suoi squarci di buio). La Deposizione era sistemata nella cappella Vittrici, in Santa Maria in Vallicella - o Chiesa Nuova - a Roma (oggi al suo posto c'è una copia). Adesso possiamo vederla alla Pinacoteca vaticana. Caravaggio la dipinse tra il 1602 e il 1604. Di fronte a simili opere uno sta lì, guarda, in silenzio, si bea, anche se - a parte il Cristo che verrà sepolto - non conosce gli altri personaggi e il perché la "scena" sia stata rappresenta a quel modo. Puoi non sapere nulla, ma ti incanti. Non è come per certe opere, davanti alle quali rimani un poco perplesso e solo dopo aver letto il nome dell'autore (che è un famoso) dici un "ah" di meraviglia e di valore. Davanti a questa Deposizione puoi anche non sapere il nome dell'autore. Certo, quei neri, quelle luci a spot, quei personaggi raccolti in qualche taverna, quella spiritualità leggera e sanguigna insieme, se proprio non sei stato via dal mondo per gli anni che hai, beh, forse pensi a Caravaggio.
Scoprire
qualche indizio è ancora più incantevole. Al pari di una
storia che sai bella e che finalmente hai iniziato a leggere. Merisi ha
lo stesso nome del Buonarroti. Un qualche senso deve pur averlo nel ragazzo
Merisi che si forma pittore con quel nome roboante d'un secolo prima.
E Michelangelo c'è tutto in questa tela del Caravaggio. Una dedica
superba, da maestro a maestro. mdn |